MedFilm Festival: Fragments from Heaven di Adnane Baraka (Fuori Concorso)

  • Voto
3

Io so che non viviamo nel deserto, ma il deserto vive in noi

Alcuni luoghi non ci appartengono, per esempio il deserto, e non ci vogliono. Il singolo, la persona. Invece appartengono, quei luoghi, all’umanità tutta perché se analizzati, rassettati, scomposti troviamo quello che compone noi e compone ciò che è oltre la Terra, Sole e tempo. Quando, o meglio dove, i pianeti cozzano tra di loro e le piogge sono di meteoriti. Fragments from Heaven, per la regia di Adnane Baraka, guarda al suolo e al cielo. Due differenti versi, ma medesima direzione e medesima soluzione: là sopra c’è il mistero della vita, là sotto, sulla superficie, c’è la possibilità di vita. Dipende di chi sono gli occhi, quelli di scienziato da una parte, quelli di nomade dall’altra. Perché alla fine

Siamo tutti intrappolati nei nostri desideri.

Degli uomini sono in fila, ognuno di loro tiene uno o più sassi nelle mani. Lo allungano a un uomo e quello lo soppesa, poi lo analizza con la lente d’ingrandimento. Se è quello che si sta cercando, allora arrivano delle banconote, se no si ritorna a cercare, in lungo e in largo, per chilometri e chilometri. Perché bisogna

cercare e cercare finché non sappiamo più cosa si sta cercando.

Mohamed è un nomade del deserto. Negli ultimi tempi si sono verificate piogge di meteoriti e ora in quelle terre aride risiedono resti di cielo. Quei resti di cielo non sono altro che sassi tra i sassi del deserto marocchino, ma per i nomadi rappresentano la possibilità di cambiare la loro vita per sempre. Abderrahmane è uno scienziato. Lui osserva i pezzi di meteoriti e cerca di capire cosa sia avvenuto là sopra in un tempo andato, e cosa noi possiamo capire da ciò che da quel tempo lacrima fino a noi.

È possibile che dal nulla nasca la materia? Cercare nel nulla per trovare la materia.

È per entrambi una storia di resistenza: come i nomadi resisteranno a un mondo in cambiamento, come la Terra ha resisto nel cosmo. Poi c’è il lato umano. Quello che cerca di piluccare da suolo e cielo, ma per il resto vive e racconta il suo vivere, fatto di uomini che avanzano nella polvere, attendono una pioggia grondante, recuperano animali sbranati e con loro un senso di vita che non c’è più. Di nuovo

Cercare e cercare finché non sappiamo più cosa si sta cercando.

Come un serpente, quello stretto nella scatola (di sabbia), che a forza di contorcersi corre il rischio più grande: quello di mangiarsi la coda, all’infinito.

Con Fragments from Heaven, Adnane Baraka ci porta una pellicola che sa di documentario e come documentario non si limita a un livello, ma coglie la sterilità fertile del deserto per lanciarsi sul livello astrale. Universo, Terra, umanità, i piani sono tanti e la riflessione è alimentata dai tempi illimitati che il deserto suggerisce. Un luogo che è tempo altro, eppure nostro, sempre tenendo a mente la domanda:

Alla fine non cadiamo tutti dal cielo?

E ciò che cade dal cielo, che siamo noi o materiale minerario, ci tocca poi raccoglierlo. Per sopravvivere materialmente, per sopravvivere spiritualmente. Perché

Noi e tutto ciò che ci circonda siamo fatti di stelle e pezzi di cielo

Eppure e sempre:

Cercare e cercare finché non sappiamo più cosa si sta cercando.


Fragments from Heavenregia: Adnane Baraka; sceneggiatura: Adnane Baraka; fotografia: Adnane Baraka; montaggio:   Karine Germain, Adnane Baraka; produzione: JPL Films, Alpha Ursae Minoris Productions; origine: Marocco, Francia, 2022; durata: 84’.

 

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