Night Swim di Bryce McGuire

Tra tutti gli spazi/scenari che possono essere posseduti da un’ entità malefica, in particolare quelli domestici, la piscina appartenente alle villette con giardino delle sane famiglie wasp che vivono nei sobborghi offre le “opportunità” migliori per risucchiare nel suo gorgo le vittime sacrificali, possibilmente giovani, che ne alimentano la vorace maledizione. Introno a questo basico meccanismo gira anche l’esangue plot di Night Swim, horror che porta la regia, il soggetto e la sceneggiatura di Bryce McGuire, ma che dal punto di vista produttivo ha il marchio di fabbrica della coppia Jason Blum-James Van, due tra le più influenti e prolifiche personalità della scena del nuovo horror statunitense (Blum ha creato una propria casa, la Blumhouse productions con la quale ha realizzato alcune popolari serie come Paranormal Activity, Sinister e Insidious, quest’ultima concepita da Van come anche quella di Saw-l’enigmista, Annabelle e relativi spin off). Insomma, un vero e proprio franchising che più che puntare sulla ricerca di un’ispirazione e di un’ unicità , ha da subito imposto un concetto di reiterazione e di enfatizzazione di alcuni convenzionali meccanismi del cinema del terrore.

Anche qui la partenza è un topos dei classici Amityville o Poltergeist, con la famigliola (padre, madre, figlio e figlia) che cerca una nuova casa per affrontare il problema di riabilitazione del marito giocatore di baseball reduce da un infortunio, dove la presenza della piscina diventa importante, per un principio paradossale che verrà poi chiaramente ribaltato, per aiutare l’uomo a curarsi e a rimettersi in sesto, a patto di pagare un prezzo molto alto. Ma quello che conta non è certo il pretesto che spinge l’uno o l’altro personaggio a comportarsi in una determinata maniera: come nei migliori porno- genere a cui l’aspetto funzionale e strumentale avvicina nella sua essenza l’horror – la finalità è tuffarsi in piscina e sondare un fondo che si apre ad una mostruosa presenza in cerca di vittime umane, giovanissimi e bambini, come se fosse una sorta di Freddy Krueger delle acque (tra l’altro c’era una scena in cui spuntava da una piscina durante una festa di teenager in Nightmare 2-la rivincita)  che , in una dimensione ugualmente sospesa e onirica, inchioda le responsabilità egoistiche e vili degli adulti, disposti in fondo alla ritualità del sacrificio altrui pur di tornare al proprio benessere psicofisico, alla propria bolla di superficiale e ludica perfezione-la piscina, luogo di festa, gioco ed estate per eccellenza si tinge di nero presagio- salvo poi , nel moralistico e familista finale, riportare ogni cosa nell’ordine di un senso più rassicurante. Diciamo subito che Night Swim è un film piuttosto piatto sul piano della realizzazione, sia dal punto di vista visivo che da quello della sceneggiatura (intesa proprio nella sua capacità di creare elementi di suspense o di tensione).

I jumpscares sono annunciati da una dinamica abbastanza ovvia tra profondità e superficie, a cui si unisce quella tra buio e luce vista l’ambientazione notturna e il rimando ad una dimensione altra, alternativa, dove l’acqua diventa una sorta di passaggio liquido tra il naturale e il soprannaturale, e dove ad emergere come elemento unificante e resistente è ancora una volta la madre , che tra l’altro si chiama Eve; una non casuale primigenia in un racconto dove la natura simbolica del sacrificio infantile vorrebbe avere la pretensiosità di una sorta di piccola parabola tra il biblico e il pagano, ma che risulta appiattita in un’unica chiave e non sviluppata nelle molteplici direzioni e connotazioni che si sarebbero potute intraprendere. Anche a livello evocativo e simbolico si rimane  in maniera su un escalation di azione e reazione, dove il cosa, il  fatto che debba vincere il bene sul male e debba essere spezzata la catena dei pegni umani offerti in pasto alla divinità maledetta per controllarne la bramosia infanticida, prevale sul come, su una scelta più azzardata e perturbante di linguaggio. Perché non è la prima volta che una piscina ospita la mostruosità del male trascendente visto che in una delle scene più orripilanti del primo Poltergeist di Tobe Hooper (1983), alla cui saga nel totale questo Night Swim fa chiaramente riferimento, i corpi scheletrizzati degli spettri sorgevano dalla fonte melmosa proprio di una piscina domestica, che annunciava la sparizione, anzi l’inghiottimento, dell’intera casa nell’altra dimensione ( una volta che tutta la famiglia ricomposta si trovava al sicuro nella  propria macchina in viaggio verso la destinazione di un eventuale seguito).

Kerry Condon 

La minaccia del nucleo familiare, tentato dalle visceralità di un mondo aldilà della superficie, da una zona oscura che incide e agisce maggiormente sulle debolezze dei personaggi maschili torna dunque a farsi uno dei termini del conflitto e, come nel capitolo secondo di Poltergeist, è il padre a farsi porta d’ingresso di una per-versione: se in un caso si trattava di vomitare letteralmente il seme malefico coltivato dentro il proprio corpo – un po’ lo stesso principio di Alien– nel film di McGuire la mutazione è più nei tratti somatici e vocali della figura rassicurante e formativa per eccellenza, alla quale lo status di giocatore di baseball offre ulteriore patina di eroe nazionale, e programmatico effetto disturbante quando l’entità della piscina ne guida le azioni in particolare verso la figlia adolescente, con le conseguenti implicazioni incestuose che ne possono derivare. Ma il problema è l’incapacità di creare una sensazione di trapassamento da uno stato all’altro, rimanendo sulla necessità di spiegare, far capire, giustificare, con la conseguenza di rendere il mistero un gioco, una ridondanza, un lazzo. Il rapporto acqua/ spazio, pure al centro dell’apparato visivo del film, dove la percezione visiva e sonora di un campo delimitato come quello della piscina si allarga e si stringe quasi cercando di seguire  le onde emotive della paura, resta confinato in un intrattenimento senza lode e forse con l’infamia, si fa per dire, di contribuire al progressivo disgregarsi di una fantasia dove c’è il rischio di non aspettarsi più nulla.

Fino a quando il prossimo spavento dietro l’angolo non ci farà rovesciare gli occhi e sbavare la bocca come nel recente e ben più riuscito Talk to me – altro film di dimensioni alterate, attraversamenti ed entità fameliche; un buon esempio da cui la serialità dell’horror dovrebbe ripartire per abbattere le logiche di un sistema produttivo e riappropriarsi dell’irrazionalità di un’emozione troppo sommersa.

In sala dal 22 febbraio


Night Swim   –  Regia e sceneggiatura: Bryce McGuire; fotografia: Charlie Sarroff; montaggio: Jeff McEvoy; musica: Mark Korven ; interpreti: Kerry Condon, Wyatt Russell, Amelie Hoeferle, Gavin Warren, Jodi Long, Nancy Lenehan ; produzione: Jason Blum e James Van; origine: USA, 2024; durata: 98 minuti; distribuzione: Universal Pictures.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *