L’innocente di Louis Garrel

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Una cassettiera può essere fatta in diversi modi. Metallo, plastica, legno, vari di tipo di legno, magari legno dorato. Può avere anche diverse forme: alta, bassa, larga, decorata fittamente o essere essenziale, terminare a zampa di leone o dritta. Ciò che però non deve mancare sono i cassetti. Diversamente potrebbe essere qualsiasi altra cosa, un armadio se i cassetti sono troppo grandi o un tavolo se i cassetti non ci son per nulla, ma i cassetti deve averli se si tratta di una cassettiera. La cassettiera costruita da Louis Garrel ne L’innocent è solida e slanciata, un peso leggero in atmosfera granulare che azzecca i vari cambi di ritmo, fatta di cassetti, cioè i personaggi, ben fatti nel loro essere forti e profondi. Piano piano il cassetto lo si tira fuori tutto, tra una risata amara e l’altra, e la bellezza è tanto in orizzontale quanto in verticale: si riesce a dare una sbirciata nel vano nascosto sotto i cassetti, laddove c’è lo scompartimento segreto, la vera anima del personaggio.

Hai vissuto una tragedia, ma ora hai rotto le palle.

 

 

 

 

 

Abel (Louis Garrel) è in auto, passeggero accanto alla madre Sylvie (Anouk Grinberg). Sono in strada quando li sorpassa un furgone della polizia penitenziaria: dentro c’è Michel (Roschdy Zem), la nuova fiamma di Sylvie che in carcere tiene un corso di recitazione. Innamorata persa, Sylvie preme sull’acceleratore, alza il volume al massimo e affianca l’autombulanza. Accanto, Abel sbuffa spazientito:

è il terzo in dieci anni. Non è una prigione, ma un luogo di incontri.

I due piccioncini si sposano, Abel non lo accetta e dubita, ancor di più quando gli sposi comprano un negozio di fiori in centro. Come può un ex galeotto permettersi l’affitto? Il favore di un amico. Abel non ci crede. Aiutato da Clémence (Noemie Merlant), migliore amica della defunta moglie di Abel e ora migliore amica di Abel stesso, inizia una goffa indagine per smascherare chi realmente sia Michel e se è veramente oro tutto quello che luccica. Scoprire può essere positivo se si coniuga con lo scoprirsi, riaprirsi al mondo, ma scoprire può voler dire rivelare legami che da accusatore ti possono rendere altro, ad esempio complice di una rapina di caviale. Dopotutto

Tua madre mi ama e tu ami tua madre

E il triangolo genitoriale può essere più costrittivo e dolce di quello amoroso. Ma anche parecchio divertente.

Passato in anteprima allo scorso Festival del Cinema di Roma dove Louis Garrel era presente con ben altri tre film molto diversi da attore – L’Envol di Pietro Marcello, L’ombra di Caravaggio di Michele Placido, Les Amandiers di Valeria Bruni Tedeschi – oltre a questo da attore e regista,  L’innocente  porta con sé qualcosa di efficace. Il che perché riesce a mescolare intelligentemente il drammatico e il comico, nessuna battuta è esente dall’amarezza, nessun dramma si libera dalla risata sottile.

E il tutto è calato in una trama incalzante – tra conflitti genitoriali e ferite del passato e rapine fatte da amatori – nel quale l’inquadratura (spesso split screen), la fotografia (definirei vintage), l’ambientazione (una Lione di comignoli fumosi e tetti neri) e un soundtrack ben calibrato hanno quella ricercatezza che, si sa, ai francesi piace sempre. Sia per rivendicare che il cinema loro lo hanno inventato, sia perché quel tocco intellettuale a scapito del naturale loro lo amano. E poi ci sono loro, i nostri cassetti ben fatti, i personaggi, e chi li recita.

Dopo L’uomo fedele e La crociata, Garrel si propone nuovamente come protagonista nelle vesti di un giovane trentenne impacciato e titubante, ricettivo e reattivo solo e soltanto se toccato sulle corde giuste, più volte. A segnarlo è il dramma della vedovanza in giovane età che mai prende il sopravvento e rimane quindi sottovento facendo cassa di risonanza al personaggio. Viene affiancato da tre attori ottimi, con menzione di lode a Noemie Merlant che è letteralmente fantastica nel suo ruolo, forse il più difficile degli altri perché il più estremo e quindi a rischio incredibilità. Ma lei è brava e il problema non si pone. È con lei, e Garrel e Zem che si realizzano due delle sequenze più intense e divertenti dell’intero film – ma non uniche per efficacia – nel quale si salta tra finzione e finzione della finzione per raccontare però il vero. Per portare il personaggio fuori dalla propria confort zone e guardare cosa c’è là sotto, nel sotto cassetto, dove sono dimenticati mancanza e desideri, dubbi e volontà.

L’innocente è un film divertente e intenso, alla francese ma non troppo. Un peso leggero, si definirebbe. La pellicola scivola davanti allo sguardo dello spettatore lasciando qualche granello fertile negli occhi e facendo ammirare la recitazione di quei quattro oltre a una sceneggiatura che fa un buon slalom tra le tante trappole scontate che si presenterebbero in un film che devia verso il crimine-comico. Un bel prodotto, quindi, condito durante la proiezione da applausi non gratuiti al regista, mentre sullo schermo passavano quelle battute da borghesi tra borghesi:

Non puoi fare la borghese? Comprare un negozio come tutti?

E altre meno borghesi, eppure realistiche:

Quale è il più grande spettacolo del giorno d’oggi? La sofferenza amorosa.

Chiedendosi, alla fine, chi sia l’innocente. E d’altronde cosa voglia dire esserlo.

Tu sei generoso, Abel, e sono contenta per questo.

In sala dal 19 gennaio 2023


L’innocente (L’innocent)- regia: Louis Garrel; sceneggiatura: Louis Garrel, Tanguy Viel; fotografia: Julien Poupard; musica: Grégoire Hetzel; scenografia: Jean Rabasse interpreti: Louis Garrel, Anouk Grinberg, Roschdy Zem, Manda Touré, Noémie Merlant, Jean-Claude Pautot, Léa Wiazemsky; produzione: Les Films des Tournelles, Arte France Cinéma e Auvergne Rhône-Alpes Cinéma; origine: Francia, 2022; durata: 100’; distribuzione: Movies Inspired.

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