La Top Ten di Close-Up – i 10 film o serie migliori del 2023

Al di dell’evento nell’estate del cosiddetto “Barbenheimer” che ha salvato i box office di tutto il mondo, ecco qua la lista dei Top Ten, delle preferenze 2023 tra film/doc/serie, passati in sala o ai grandi Festival da parte della nostra redazione. Inizio io presuntuosamente come Direttore e poi in ordine alfabetico il resto del gruppo. 
Grazie anche a chi per ragioni varie non ha voluto/potuto partecipare. Si tratta soprattutto – al di là dei voti – di una occasione, magari seguendo i link alle recensioni fatte, per riflettere a 360 gradi. su questo, ormai passato anno di cinema – un anno non banale.
Infine tantissimi auguri di buon 2024 a tutti i lettori e a chi ci ha seguito, decretando un successo crescente alla nostra rivista on line (G.Sp). 

 

GIOVANNI SPAGNOLETTI
Si è trattato il 2023 di un anno molto ricco di belle visioni, sorprese e scoperte. Difficile fare una lista senza ripensamenti ma ci proviamo con qualche nota (tra parentesi) di commento:


Anatomia di una caduta di Justine Triet (per me, il miglior film dell’anno)
About Dry Grass di Nuri Bilge Ceylan (anche questo non scherza – abbagliante )
Il male non esiste di Ryûsuke Hamaguchi (non eccellente come i due precedenti più classici ma molto sperimentale e coraggioso)
Rapito di Marco Bellocchio (a mio avviso il miglior film italiano del 2023 con, a seguire, Finalmente l’alba di Saverio Costanzo)
Pacifiction – Un mondo sommerso di Albert Serra (fantastico)
Trenque Lauquen di Laura Citarella (vera sorpresa, c’è da sperare che la regista argentina prosegue su questa strada – un must per chiunque si consideri un cinefilo) 
Perfect Days di Wim Wenders ai suoi livelli più alti, ritorno al passato (+ The Fire Within – A Requiem for Katia and Maurice Krafft di  un Werner Herzog su di giri e Il cielo brucia di Christian Petzold) tra i miei amati tedeschi.
Animali selvaggi di Cristian Mungiu (strabiliante in “In der Mood for Love“) 
Poor Things di Yorgos Lanthimos
Foglie al vento di Aki Kaurismäki (Last but not least)

E fuori sacco ma assolutamente da ricordare: Viaggio a Tokyo e tutti i film di Ozu che saranno riproposti in sala dalla benemerita Tucker Film. Inoltre, incredibile a dirsi, anche Luc Besson ha girato un buon film: DogMan. Invece Lav Diaz – e qui non ci si può sorprendere – ne ha fatto un altro stupendo: Essential truth of the lake.
Infine: Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese e Oppenheimer di Christopher Nolan (per rispetto a due autori di altissimo profilo, ovviamente più il primo che il secondo)
Non ancora visti purtroppo (erano in programma al Festival di Torino): Do Not Expect Too Much from the End of the World di Radu Jude e Cerrar los ojos di Victor Erice.

ALESSIO ACCARDO
Premessa: per una serie di ragioni di cui non si mette conto riferire, chi scrive non ha visto alcuni imperdibili “must-watch”, come Pacifiction – Un mondo sommerso , As Bestas e Foglie al vento (che sarebbero altrimenti stati inclusi, almeno in parte, nella lista che segue). Non ho invece amato Anatomia di una caduta e Gli spiriti dell’isola. Ho infine cordialmente detestato Barbie, che a mio avviso ha più a che fare col fenomeno di costume, legato alla imperante ideologia del “politicamente corretto”, che con la critica cinematografica.

Babylon di Damien Chazelle. Forse perché visto nella sala principale dell’ottimo Anteo di Milano, in versione rigorosamente originale, il film di Chazelle mi ha sconvolto quasi tutti i sensi (mi sono sentito, si parva licet, come Bernardo Bertolucci sul set di Accattone: dove, come è noto, il futuro regista di Ultimo tango a Parigi aveva la sensazione che Pasolini stesse inventando il linguaggio cinematografico). Snobbato dall’Academy perché adombra che il mito hollywoodiano sia stato edificato su una montagna di sangue, vomito e merda; è uno dei rari casi in cui magniloquenza linguistica (i dolly, le carrellate “roller coaster”, il montaggio a ritmo di jazz, la colonna sonora contagiosa di Justin Hurwitz) e pregnanza dell’assunto vanno a braccetto. Top della mia personale, discutibilissima, top ten.

C’è ancora domani di Paola Cortellesi. Coi suoi quasi 31 milioni d’incasso nel momento in cui scriviamo, C’è ancora domani supera La vita è bella di Roberto Benigni e si piazza al quinto posto dei maggiori incassi di sempre. Lo fa cavalcando il tema attualissimo delle derive tossiche del patriarcato, senza alcuna furbizia (che altrimenti me lo avrebbe fatto detestare). No, la regista debuttante si innesta nel corpaccione del cinema fatto finora col marito, Riccardo Milani, e scritto ancora qui con Furio Andreotti e Giulia Calenda, aggiungendoci il suo carisma di mattatrice di teatro-cinema-tv. Azzeccato lo stile (indovinato mash-up di iconografia neorealista, retaggi della commedia all’italiana e un’anima politica molto sobria) regala un finale tracimante, che nutre e soddisfa anema e core.
Io Capitano di Matteo Garrone. Appena visto a Venezia a molti è scappato di dire: è Pinocchio meets Tolo Tolo, senza allontanarsi troppo dal vero. Il quid che eleva il film da quella formula sintetica è nella cifra stilistica del regista romano: scabra ed essenziale anche quando ha raccontato la vita criminale di Gomorra o il canaro di Dogman. La scommessa vinta di Garrone è stata narrare il “racconto dei racconti” del nostro evo (le epocali migrazioni dal terzo mondo verso l’eldorado occidentale) trasferendo il punto di vista dallo sguardo di noi europei che li accogliamo\subiamo a quello dei dannati della terra che quell’odissea la compiono, in tutte le stazioni del loro calvario (fuga-attraversamento del deserto-campi di concentramento libici-arrivo in paese forse ostile). E’ il candidato italiano ai prossimi Oscar, per ora è nella prima short list dei migliori 15 film internazionali.
Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti. Pur seguitando a occupare il centro dell’inquadratura col suo corpo e con le sue passioni, e tic, e idiosincrasie (come gli rimproverava Dino Risi, con una delle sue irresistibili freddure, esortandolo a farsi da parte, per consentirgli di vedere il film), Moretti riesce ancora a parlare al mondo d’oggi della contemporaneità. Da questo punto di vista è già cult (da aggiungere alla collazione dei “Chi parla male pensa male” o “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”) la battuta su Netflix: “I nostri prodotti sono visti in 190 paesi”. Da standing ovation l’intemerata contro la violenza anestetizzata e gratuita presente in molto cinema d’oggi. Insomma, qui torna l’amore per il cinema, la mise en abyme, le aporie della vita di coppia, la passione politica, l’autobiografismo ostentato; il solito repertorio del morettismo trito e ritrito: la notizia è che non annoia; anzi il cuore dello spettatore, che non ne è privo, esulta.
Rapito di Marco Bellocchio. Il dato sbalorditivo è che Marco Bellocchio, autore del più importante debutto della storia del cinema italiano, I pugni in tasca; dopo la discutibile parentesi psicoanalitica accanto a Massimo Fagioli, dall’inizio del nuovo millennio (grosso modo da L’ora di religione), ha conosciuto una nuova giovinezza. Oggi è, ad 85 anni quasi suonati, uno dei registi più vitali d’Italia, facendo un cinema per nulla italiano. Questo film, prima di lui, lo avrebbe voluto dirigere Steven Spielberg. Visti gli esiti, meglio che abbia rinunciato.
Oppenheimer di Christopher Nolan. Sebbene non sia alieno da certe vezzose derive stilistiche proprie del titanismo espressivo del regista londinese, Oppenheimer è pura sinfonia cinematografica 2.0, che sfrutta le potenzialità narrative, iconiche e fonetiche del mezzo alla sua massima potenza. Grazie al cielo qui senza che il racconto sia appesantito dalle solite divagazioni “quantistiche”, forse a causa del format “Biopic” che costringe Nolan a tenere a bada la propria facondia cinematografica. A suo modo, epocale.
Misericordia di Emma Dante. Forse perché la sua patria è il teatro, Emma Dante appare sempre come artista irriducibile al cinema e per fortuna mai riconciliata. Il cinema gliel’ha fatta pagare facendo sparire le copie del suo meraviglioso, ultimo, lavoro; che ella giustamente difende come Erinni indomita. Misericordia è performance gridata e tenera, che non può essere ridotta al didascalismo triviale della sintesi ideologica. Nelle sue spire si agitano i corpi imprevedibili, gli individui sgraziati eppure poetici, la ferocia antropoclasta, il femminismo primordiale, la ferina arcaicità della sua Sicilia. Colpo di fulmine.
Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese. Non è lo Scorsese più flamboyant, quello di Toro scatenato, Casino, Taxi Driver, etc. ricorda semmai il recente Silence oppure per fluvialità narrativa l’ancor più recente The Irishman. Insomma un’opera imperfetta e forse senile (se le parole esistono non si deve aver paura di usarle). Dopodiché un film diretto da Martin Scorsese e interpretato da Robert De Niro, che ficca le mani, gli occhi, le orecchie e la coscienza nella storia d’America e dei suoi abusi razziali; e rischia l’affresco sul sentimento che l’ha più pervasa, l’avidità (o rapacità, come recita il titolo del capolavoro di Erich von Stroheim), non può essere esclusa da questa top ten!
Io, noi e Gaber di Riccardo Milani. Chiudiamo con un documentario, genere che si sta affermando con gran vigore: al Torino film festival ce n’era una quantità industriale, molti di discreta fattura. Il pregio di questo, diretto dal campione d’incassi Riccardo Milani, risiede nell’umiltà con cui il suo autore si mette sulle tracce del più straordinario cantautore italiano, in senso letterale: Gaber – lo si spiega bene nel film – è un soggetto musicale non identificato, capace di passare dalla generazione degli urlatori che imitavano l’incipiente rock ‘n roll d’oltreoceano, alla tv popolare d’intrattenimento, al teatro-canzone accanto a Sandro Luporini, fino alle canzoni schiettamente politiche, etc. etc. Intelligentemente Milani alterna il commovente materiale di repertorio (soprattutto per quanti fossero troppo giovani per conoscerlo bene) alle moltissime testimonianze autorevoli; mai banali, da Gianni Morandi a Michele Serra.

FRANCESCO BONFANTI  (Qui in ordine di importanza):

 

 

 

 

 

1) La chimera di Alice Rohrwacher
2) Io Capitano di Matteo Garrone
3) C’è ancora domani di Paola Cortellesi
4) Foglie al vento di Aki Kaurismaki
5) Anatomia di una caduta di Justine Triet
6) The Zone of Interest di Jonathan Glazer
7) Blaga’s lessons di Stephan Komandarev
8) Oppenheimer di Christopher Nolan
9) Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti
10) The Holdovers di Alexander Payne

CINZIA CATTIN
1) Anatomia di una caduta di Justine Triet
2) Perfect Days di Wim Wenders
3) Bai ta zhi guang (The Shadowless Tower) di Zhang Lu
4) Il cielo brucia di Christian Petzold
5) Foglie al vento di Aki Kaurismaki

6) Il ragazzo e l’airone di  Miyazaki Hayao
7) Anselm di Wim Wenders
8) Youth di Wang Bing
9) La Sirène di Sepideh Farsi
10) About Dry Grass di Nuri Bilge Ceylan
Con la limitazione di non aver ancora potuto vedere The Zone of Interest di Jonathan Glazer e Poor Things di Yorgos Lanthimos, che forse sostituirebbero due dei titoli messi in classifica. Essendo però già stati spesso citati non ne avrebbero neanche bisogno.

FRANCESCO CECCOLI (Senza ordine di preferenze)

1) As Bestas di Rodrigo Sorogoyen – Un capolavoro di tensione, un incessante calarsi nell’abisso della brutalità dell’essere umano
2) RRR –James Gunn e Zack Snyder dovrebbero imparare qualcosina da S. S. Rajamouli su come si realizza un bel film di supereroi
3) Gli ultimi giorni dell’ umanità  di Enrico Ghezzi e Alessandro Gagliardo – Un testamento ed un preludio a nuove forme visive
4) Pacifiction – Un mondo sommerso di Alber Serra – lento, vorticoso ed asfissiante, una straordinaria seduzione cinematografica lunga ed ammaliante.
5) Killers of the Flower Moon – Scorsese offre un cinema si altissimo livello anche in film imperfetti come questo
6) El Conde di Pablo Larrain– Una farsa politica, divertente, intelligente, ma dagli echi estremamente cupi
7) The Holdovers di Alexander Payne – Il film di Natale perfetto, con un grandissimo Paul Giamatti
8) The Killer di David FIncher – Un congegno preciso e ben oliato
9) Beau ha paura di Ari Aster, sulle orme di David Lynch, il viaggio di Beau nei meandri della propria colpa, provocata da un amore materno narcisistico, è uno spettacolo visionario irrinunciabile
10) Gli Spiriti dell’isola – Fresco, grottesco e malinconico, Martin McDonagh non ne ha ancora sbagliato uno
BONUS: M3gan e Godzilla Minus One, da vedere al cinema o perlomeno su una tv enorme, M3gan, in particolare, è il vero popocorn movie dell’anno, da non perdere.
Film non visti ma che probabilmente avrebbero potuto modificare la classifica: Rapito, Trenque Lauquen, Poor Things, Anatomia di una caduta , Foglie al vento , The Zone of Interest .
Serie TV:
Beef-lo scontro – una serie tv americana non banale, una celebrazione della meschinità e un’interessante analisi delle pulsioni profonde ed irrazionali dell’essere umano.
Una pessima Madre Ideale la serie tv dell’anno per me, comincia come una favoletta, e si fa via via più cupa, senza sfociare in prevedibili cliché.
Trillion Game – Un’enorme luna Park, da guardare tutto d’un fiato, risparmiandogli riflessioni o critiche riguardo alla romanticizzazione del capitalismo.
Dead ringers-Inseparabili – da guardare soprattutto per le bellissime atmosfere, le scenografie, e Rachel Weitsz.

FABRIZIO CROCE (Lista spudoratamente cinefila) Dieci film (più una doppia visione) che mi hanno riportato al mistero/desiderio, alla potenza , alla fecondità dell’ immagine cinematografica trasparente e mai vista.

1) Pacifiction – Un mondo sommerso di Albert Serra
2)  As Bestas di Rodrigo Sorogoyen
3)  Trenque Lauquen di Laura Citarella
4)  Coma di Bertrand Bonello
5)  Essential truth of the lake di Lav Diaz
6) Hokage di Shin’ya Tsukamoto
7 ) Ferrari di Michael Mann
8)  Anatomia di una caduta di Justine Triet
9)  May December di Todd Haynes
10) Il male non esiste di Ryusuke Hamaguchi
Extra: migliore visione incrociata Gli ultimi giorni dell’ umanità di Enrico Ghezzi e Alessandro Gagliardo e The Fire Within – A Requiem for Katia and Maurice Krafft

GIAMMARIO DI RISIO
Adagio di Stefano Sollima

 

 

 

 

 

 

C’è ancora domani di Paola Cortellesi
Babylon  di David Chazelle
Hoard  di Luna Carmoon
Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti
Rapito di Marco Bellocchio
Suburræterna di Ciro D’Emilio, Alessandro Tonda (serie tv)

MATTEO GALLI  (in ordine di importanza):
1) Anatomia di una caduta di Justine Triet

 

 

 

 

2) Past Lives di Celine Song
3) Babylon di David Chazelle
4) About Dry Grass di Nuri Bilge Ceylan
5) Oppenheimer di Christopher Nolan
6) Il cielo brucia di Christian Petzold
7) The Klezmer Project di Leandro Koch e Pamela Schachmann 
8) Animali selvaggi di Cristian Mungiu
9) Lubo di Giorgio Diritti
10) The Old Oak di Ken Loach

VALENTINA HOLTKAMP
Rapito di Marco Bellocchio
Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese
Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti
Io Capitano di Matteo Garrone

The Old Oak di Ken Loach
La chimera di Alice Rohrwacher
Anatomia di una caduta di  Justine Triet
Succession 4 di Jesse Armstrong
The Crown 6 di Peter Morgan
Ted Lasso 3 di Bill Lawrence, Jason Sudeikis

MONIA MANZO
1) The Old Oak di Ken Loach – unico 
2) Io Capitano di Matteo Garrone – toccante 
3) Anatomia di una caduta di  Justine Triet  – perfetto 
4) Memory di Michel Franco – profondo 
5) Poor Things di Yorgos Lanthimos – cervellotico e intellettuale 


6) Animali selvaggi di Cristian Mungiu – no words
6) Foglie al vento di Aki Kaurismaki  – devastante 
7) Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese – emozionante
8) Rapito di Marco Bellocchio – il solito maestro 
9) La chimera di Alice Rohrwacher –  futuro del nostro cinema 
10) DogMan di Luc Besson – Intimo e d’azione al contempo
Bonus
11) C’è ancora domani di Paola Cortellesi  – Finalmente un tema femminile raccontato bene 
12) Ingeborg Bachmann – Reise in die Wüste di Margarethe von Trotta  – una grande dedica a una grande donna della letteratura 
13) Babylon  di David Chazelle – giusto perché l’ho visto in una splendida sala newyorkese… ma mi aspettavo di più

SARAH MATALONI

 

 

 

 

 

The Zone of Interest di Jonathan Glazer: l’orrore dei campi di sterminio trasmesso da una prospettiva diversa, potente e invasiva proprio come la percezione sonora di morte che accompagna tutta la visione del film.
Oppenheimer di Nolan: un film complesso, contorto, affascinante e magnetico. Da vedere.
Anatomia di una caduta di Justine Triet: un’interessante esplorazione della verità. Un film complesso, stratificato, con diverse chiavi di lettura. Psicologicamente intrigante.
Memory di Michel Franco: un dramma romantico sospeso tra il dolore dovuto all’ incapacità di ricordare e quello legato all’impossibilità di dimenticare. Delicato, dolce, struggente.
C’è ancora domani di Paola Cortellesi un film potente, profondamente significativo e vitale. Da vedere più volte e condividere.
Saltburn di Emerald Fennel. Un film contorto, cinico, capace di travolgere e trascinare lo spettatore, passo dopo passo, in una spirale distruttiva. Lontano anni luce dalle commedie zuccherose.
Foglie al vento di Aki Kaurismäki.  L’incontro di due solitudini e in mezzo il destino, che non sembra dalla loro parte. Malinconico, Nostalgico, con un filo di speranza.
Ora le mie tre serie preferite del 2023:
The Crown di Stephen Daldry, Alex Gabassi, Christian Schwochow, Erik Richter Strand e May el-Toukhy: la serie si conferma, anche nella sesta stagione, elegante e sofisticata, guidata da una regia misurata in grado di esaltare luci e ombre di Buckingham Palace.
Mask girl di Kim Yong-Hoon: un dramma socio culturale che sfocia nel thriller ben strutturato e ben approfondito nei risvolti psicologici.</div
Lo scontro di Hikari, Jake Schreier: l’esplosione di due follie che si inseguono e che si nutrono di micro ossessioni quotidiane. Da vedere perché ci riguarda.

IVAN ORLANDI (Solo inediti in sala)


 

 

 

 

 

Poor Things  di Yorgos Lanthimos
May December di Todd Haynes
Cerrar los ojos di Victor Erice
About Dry Grass di Nuri Bilge Ceylan
Hit Man di Richard Linklater
La Bête di Bertrand Bonello
Do Not Expect Too Much from the End of the World di Radu Jude
Le règne animal di Thomas Cailley
Invelle di Simone Massi
Linda e il pollo di Chiara Malta e Sébastien Laudenbach

ANTONIO PEZZUTO (In ordine alfabetico per autore, tenendo presente che di quest’anno mi mancano ancora moltissimi film da vedere):
Stéphane Brizé – Hors-Saison
Lukasz Konopa, Emil Langballe – Theatre Of Violence

Richard Linklater – Hit Man
Nanni Moretti –Il sol dell’avvenire
Alice Rohrwacher – La chimera
Ross Brothers – Gasoline Rainbow
Ulrich Seidl – Sparta
Frederick Wiseman – Les Troisgros
Come decimo film, invece di uno, vorrei invece segnalare 10 tra i documentari italiani prodotti quest’anno e che secondo me vanno assolutamente visti:
Yuri Ancarani – Il popolo delle donne. Il film
Chloe Barreau – Frammenti di un percorso amoroso
Alessandra Celesia – La Meccanica Delle Cose
Sophie Chiarello – Il cerchio
Irene Dorigotti – Across
Andrea Gatopoulos – A Stranger Quest
Gianluca Matarrese – L’Expérience Zola
Edoardo Morabito – L’Avamposto
Fabiana Sargentini – La Pitturessa
Stefano Savona – Le mura di Bergamo

FABIANA SARGENTINI (senza ordine di preferenze):

Green border  di Agneska Holland
Anatomia di una caduta di Justine Triet
Animali selvaggi  di Cristian Mungiu
Et la fête continue! di Robert Guédiguian
Hors-Saison di Stephan Brizé
Memory di Michel Franco
La chimera di Alice Rohrwacher
Una relazione passeggera di Emmanuel Mouret
Ma nuit di Antoinette Boulat
The Old Oak di Ken Loach

DOMENICO SPINOSA (in ordine di preferenze):

1) Ingeborg Bachmann – Reise in die Wüste di Margarethe von Trotta
2) Il Maestro Giardiniere di Paul Schrader
3) Tótem di Lila Avilés
4) She came to me di Rebecca Miller
5) Laggiù qualcuno mi ama e Un ritratto in movimento. Omaggio a Mimmo Iodice, entrambi di Mario Martone
6) Matria di Álvaro Gago
7) La Sirène di Sepideh Farsi
8) Geranien [On Mothers and Daughters] di Tanja Egen
9) Il popolo delle donne. Il film di Yuri Ancarani
10) Procida  di Leonardo Di Costanzo

EDOARDO ZACCAGNINI
A small light (serie Disney+)
The Old Oak di Ken Loach
Foglie al vento di Aki Kaurismäki

Questo mondo non mi renderà cattivo di Zero Calcare
Quattro quinti di Stefano Urbanetti (doc.)
Io Capitano di Matteo Garrone
Animali selvaggi di Cristian Mungiu
Raffa di Daniele Luchetti
The Crown 6 di Peter Morgan
Ted Lasso 3 di Bill Lawrence, Jason Sudeikis
 

 

 

Addio al 2023 con affetto filmico da tutti noi

 

 

 

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